Per carburanti alternativi s'intendono carburanti che non hanno un'origine fossile. Fra i carburanti alternativi si distinguono:
Nella prima generazione sono state impiegate piante che avrebbero potuto essere destinate anche all’alimentazione, un fatto non accettabile da un punto di vista etico. Nella seconda generazione vengono impiegate solo piante non commestibili per la produzione di carburante. Attualmente hanno ottenuto risultati molto promettenti i test condotti su residui colturali come la paglia. Per questo motivo Clariant nel 2020 ha in progetto in Romania di aprire una bioraffineria per la produzione di 50 000 tonnellate l’anno di etanolo da cellulosa ricavato dalla paglia.
Per i biocarburanti della terza generazione vengono modificati ed elaborati microorganismi e alghe. Sino a poco tempo fa i ricercatori riponevano grandi speranze nelle alghe a causa della loro alta produttività di biomassa, ma ora sono giunti alla conclusione che la bioenergia da microalghe non è ottenibile economicamente nel medio periodo.
Può essere ricavato dall’acqua con l’impiego di tanta energia e un’ulteriore quantità di energia è necessaria per condensarlo. L’importante è che l’elettricità provenga da fonti rinnovabili come per esempio energia solare ed eolica. Sinora comunque, per ragioni di costo, il 70% dell’idrogeno utilizzato viene prodotto mediante steam reforming: un processo industriale in cui l’idrogeno viene ricavato dal metano.
Le celle a combustibile producono elettricità tramite una reazione elettrochimica in cui l’idrogeno viene combinato con l’ossigeno per formare acqua. Esistono sì veicoli con motore a idrogeno, ma manca l’infrastruttura. Attualmente in Svizzera esistono solo due stazioni di ricarica a idrogeno. Altre tre sono programmate.
Le e-fuels sono combustibili sintetizzati chimicamente da idrogeno e CO₂. Una grande quantità di energia elettrica è necessaria per estrarre l'idrogeno per elettrolisi e trasformarlo nel prodotti finito. Solo se questo proviene da fonti rinnovabili, i carburanti elettrici riducono effettivamente le emissioni di CO₂ rispetto ai combustibili fossili. Le e-fluels sono gas o liquidi, per questo immagazzinabili e trasportabili, possono essere utilizzati come fonte di energia nelle celle a combustione o nei motori a combustione.
Con le e-fuels, i combustibili fossili possono essere sostituiti da quelli rinnovabili senza richiedere cambiamenti del motore e nelle infrastrutture di ricarica. Tuttavia, la versatilità delle e-fluels è compensata dal loro grande fabbisogno di elettricità, dai costi elevati e dalla disponibilità incerta. Attualmente non si può neanche prevedere se le e-fuels diventeranno presto abbastanza economiche e disponibili in abbondanza. Non è solo la disponibilità della tecnologia di produzione efficiente e del fabbisogno di CO₂ ad essere poco chiaro, ma anche la disponibilità di elettricità da fonti rinnovabili sembra essere difficile. Questi ultimi scarseggeranno infatti per i decenni a venire. Oggi, il 75% dell'elettricità mondiale è ancora generata da combustibili fossili. La produzione di e-carburanti con elettricità prodotta da fonti rinnovabili non deve quindi competere con utilizzi dell'elettricità più efficienti e non deve ostacolare tecnologie più efficienti. Le e-fuels hanno certamente senso come sostituti dei combustibili fossili dove l'elettrificazione diretta non è possibile o è possibile solo con difficoltà, ad esempio nella produzione di acciaio o nell'aviazione.
In linea di principio, il Touring Club Svizzero sostiene la neutralità tecnologica. Per le auto, la mobilità elettrica è attualmente il tipo di propulsione più efficiente e rispettoso del clima, per questo il TCS s'impegna a suo favore. Tuttavia, segue anche attivamente gli sviluppi di altre tecnologie così come le possibilità di migliorare l'elettromobilità in vari gremi e gruppi di lavoro in presenza di rappresentanti delle scienze, dell'economia e di partner internazionali.
Quando si pensa al miglioramento del bilancio climatico, in genere si pensa alla mobilità elettrica. Ora tuttavia esistono anche carburanti alternativi. Quali di questi carburanti potrebbero avere un futuro? Intervista a Anthony Patt, esperto climatico all’ETH di Zurigo
In campi in cui non ci sono valide alternative, l’e-fuel ha buone chance. Ad esempio nell’industria dove sono necessarie temperature molto alte, che non si possono raggiungere con l’energia elettrica. Ma soprattutto nel traffico marittimo e quello aereo, dato che ancora per i prossimi 50 anni non sarà possibile sorvolare gli oceani con le sole batterie. Nel traffico stradale, invece ritengo che i combustibili sintetici abbiano molto meno probabilità di affermarsi rispetto alla mobilità elettrica. Già oggi durante la fase di produzione del carburante climaneutrale derivato da idrogeno e anidride carbonica si perde il 50 percento dell’energia ricavata. Della quantità di energia rimanente ne viene perso un altro 80 percento nel motore termico. Per contro, nell’e-mobilità si ha una perdita di energia minima nell’immagazzinamento in batteria e nella rete di distribuzione. È necessaria circa dieci volte più energia per percorrere la stessa distanza con e-benzina che con un motore a trazione elettrica.
Ritengo che le auto elettriche, che costano ormai poco più di quelle con motore a combustione tradizionale, siano imbattibili. Inoltre sono più veloci, più pulite e più silenziose.
Non penso. Non conosco i risultati dei ricercatori ICCT, ma direi che quanto meno biocarburante avremo sulle strade, tanto meglio sarà per noi. Se cominciassimo a produrre più biocarburante ci sarebbero gravi conseguenze per l’ambiente. Già solo per il fatto che sarebbero necessarie estese superfici di terreno e molta acqua. In più la mobilità elettrica diventerà sempre più a buon mercato in modo che alla fine sarà più economico guidare un’auto a batteria che a benzina o diesel. E il biocarburante costa ancora più dei carburanti normali. E se riusciremo veramente a fare il grande cambiamento passando alla mobilità elettrica, ha più senso avere un unico sistema invece di due paralleli.
Potrebbe forse essere impiegato nei camion a lunga percorrenza, per quanto questi avrebbero bisogno di grandi batterie. Il problema maggiore è però che l’infrastruttura per l’idrogeno è ancora limitata. Ma forse nel caso dei camion a lunga percorrenza basterebbero poche stazioni di ricarica. Nel caso di un camion che viaggia da Zurigo a Monaco di Baviera basterebbero una stazione al punto di partenza e una a quello di arrivo. D’altra parte mi hanno convinto i test appena fatti in Germania e in Svezia con linee aeree elettriche per i camion sull’autostrada. Sui lunghi percorsi si alimentano tramite pantografo e così hanno bisogno solo di una piccola batteria per il tragitto da e per l’autostrada. In questo modo vengono eliminati i problemi di autonomia. Il calcolo è subito fatto: tra circa cinque anni si saranno risparmiati i costi per le infrastrutture, perché i motori elettrici necessitano di notevolmente meno energia dei motori a combustione tradizionali.
Nel traffico aereo e marittimo potrebbe essere così, mentre sulle strade prevedo l’affermarsi della mobilità elettrica. Per auto, furgoncini e camion che percorrono solo tragitti brevi, le batterie sono in cima alla lista: soddisfano ed anzi superano tutte le aspettative e il settore si sta sviluppando molto velocemente. Per quanto riguarda i camion a lunga percorrenza invece ritengo più adatte le linee aeree elettriche sull’autostrada in combinazione con piccole batterie rispetto ai motori a idrogeno. Questa soluzione tuttavia richiede un forte impegno da parte della politica a livello europeo.
Confronti l'impronta ecologica di diversi modelli di auto (a scoppio, elettriche o ibride) tenendo conto dell'intero ciclo di vita.