Se si ricopre una carica pubblica, si ha diritto a giorni liberi e a pagamento.
Impegnandosi in politica lei esercita il diritto costituzionale alla libertà d’espressione. E può farlo anche laddove la sua opinione contrasti con quella del superiore. Nella fattispecie va tuttavia fatto un distinguo: l’impegno politico non deve ledere l’obbligo di lealtà del dipendente nei confronti del datore di lavoro.
Ciò significa che dovrà prestare la sua attività conformemente alle condizioni contrattuali e senza creare sensibili disagi sul lavoro. In nessun caso il datore di lavoro deve accettare esternazioni perseguibili penalmente o che per esempio infrangono la norma antirazzismo.
In via di principio il capo non può costringerla a esprimere una determinata opinione contro la sua volontà, salvo nei casi in cui rappresenta l’impresa verso l’esterno in veste di dirigente o portavoce.
Se la ditta ha un preciso profilo politico, allora può esigere dal personale che si astenga dal manifestare pubblicamente pareri contrari alle strategie aziendali indipendentemente dal ruolo ricoperto.
Se il suo impegno politico non pone problemi ai sensi della legge sul lavoro e ottiene la carica ambita, ha diritto a giorni liberi.
L’esercizio di un mandato pubblico viene considerato alla stregua di assenze per malattia o infortunio: se avesse già fruito dei congedi retribuiti che le spettano, deve dedicarsi ai suoi impegni politici nel tempo libero. A meno che il suo superiore non si mostri generoso.