Sono numerosi i settori duramente colpiti dalla crisi del coronavirus, ma quello del tempo libero è in ginocchio. La redazione «Touring» ha voluto sapere da imprenditori ed operatori come vivono questo momento e quali problemi si trovano a dover affrontare. Le risposte raccolte dipingono un quadro nefasto, con perdite talora esorbitanti. A preoccupare è anche l’impossibilità di pianificare le settimane a venire. Tuttavia, se i confederati si mostreranno solidali, questo anno orribile potrebbe forse chiudere con un bilancio non troppo catastrofico. Ad esempio, trascorrendo le vacanze nei campeggi (appena riapriranno), andando al circo e facendo lavorare le agenzie di viaggio.
Anche se in estate le cose dovessero ripartire alla grande, quest’anno non potrò recuperare la perdita dovuta alle escursioni sciistiche cancellate o sospese. Per colmare questo buco, dobbiamo dare fondo ai nostri risparmi. Ma a differenza dei colleghi per i quali le gite accompagnate costituiscono l’unica fonte di sostentamento, la nostra famiglia se la cava ancora. Mia moglie lavora part-time ed io ricevo un’indennità di perdita di guadagno dalla cassa di compensazione AVS. Ovviamente, nell’immediato non possiamo fare grosse spese o ferie fuori casa. A logorare noi tutti professionisti della montagna è l’insicurezza su come si svilupperà l’estate. Spero tanto che gli svizzeri rimangano fedeli alle guide e scuole d’alpinismo elvetiche e diano prova d’ottimismo, prenotando già adesso. Se la situazione cambiasse di nuovo, noi guide alpine ci mostreremo senz’altro accomodanti. Capisco che in tempi precari come questi molti debbano stare attenti ai soldi, ma un tour guidato in quota è sempre un’esperienza premiante, che lascia emozioni durevoli.
Nel biennio 2018-2019, i 24 campeggi del TCS hanno toccato cifre record, registrando oltre 650 000 pernottamenti. Anche il 2020 è partito con un aumento del 25 percento sullo stesso periodo dell’anno precedente. Ma questo inizio promettente è stato bruscamente interrotto dalla pandemia, tanto che a fine aprile le cifre sono calate del 78 percento rispetto al 2019. Dal 20 marzo tutti i campeggi del TCS sono chiusi, dal 4 maggio possiamo riaccogliere soltanto campeggiatori stagionali. Gran parte dei dipendenti sono in lavoro ridotto, e non possiamo assumerne dei nuovi in quanto non è ancora chiaro se possiamo riprendere l’8 giugno. Eppure abbiamo predisposto dei piani di protezione efficaci. Il TCS si è rivolto al Consiglio federale per protestare contro il sussistere della chiusura dei campeggi allorché altre strutture ricettive hanno potuto riaprire, ciò che rappresenta una manifesta discriminazione. Ho approfittato del confinamento per rendere ancor più invitante il nostro campeggio, immerso nel verde e situato vicino alla suggestiva cittadina di Orbe. Da questa stagione offriamo tre pod, alloggi simpatici che offrono ogni comodità. Nonostante tutto sono fiducioso che in luglio ed agosto le prenotazioni dovrebbero tornare ad ottimi livelli. Il campeggio è per molti svizzeri una buona opportunità per godere le ferie in patria, con l’imbarazzo della scelta fra tanti stupendi posti in piena natura.
Siccome marzo ed aprile, quando la crisi è scoppiata, sono fra i mesi più deboli, siamo per così dire stati fortunati nella sventura. Ciononostante abbiamo accusato un duro colpo, perdendo in totale 100 000 franchi: la vendita di biglietti è crollata e anche la quota dei trasportati con abbonamento tp è diminuita. Siamo riusciti a malapena a reggere in marzo, ma dal 20 aprile abbiamo dovuto iscrivere 20 dipendenti in lavoro ridotto. Fortunatamente potremo evitare licenziamenti, essendo la nostra un’azienda pubblica che collega il villaggio di Braunwald alla rete viaria. Perciò la nostra funicolare è sempre rimasta attiva anche durante il blocco; abbiamo mantenuto invariato l’orario regolare, benché abbiamo trasportato appena la metà dei passeggeri abituali. Adesso speriamo che dall’8 giugno i visitatori riaffluiscano numerosi, permettendoci di risalire la china. Soprattutto visto che quest’anno sarà difficile viaggiare all’estero e la maggior parte della gente passerà le ferie in Svizzera.
Andreas Bergmann, direttore Compagnie Générale de Navigation sur le Lac Léman, 220 dipendenti
La nostra compagnia opera in tre comparti: servizio di tre linee pubbliche, noleggio imbarcazioni e attività turistica. Meteo permettendo, in aprile e maggio realizziamo da un quarto ad un terzo del fatturato annuale. Questi ricavi sono venuti irrecuperabilmente a mancare. Nonostante la flessione, vogliamo assolutamente evitare licenziamenti. Anche nel pieno dell’epidemia, con praticamente tutta la popolazione confinata in casa, i nostri collaboratori sono venuti al lavoro. Al fine di assicurare il funzionamento del sistema sanitario in Romandia, le corse tra Nyon ed Yvoire nonché tra Losanna ed Evian sono state garantite. In tal modo, il personale curante e i medici hanno potuto raggiungere rapidamente i loro posti di lavoro negli ospedali e centri d’assistenza. Adesso è però urgente che le cose si muovano perché possiamo rimanere a galla: il Consiglio federale deve cioè autorizzare la ripresa delle attività turistiche dall’8 giugno. La nostra associazione si è tempestivamente dotata di misure di protezione e di distanziamento a bordo. I dipendenti in lavoro ridotto devono finalmente essere riconosciuti come tali e ricevere le opportune prestazioni. E ci aspettiamo che la Confederazione ci risarcisca adeguatamente dei rischi cui ci siamo esposti pur di mantenere in piedi le tratte pubbliche. Nel contempo tocca anche a noi aziende di trasporto accelerare la domanda con proposte attrattive.
Nathalie Dové, titolare Nussbaumer Reisen AG, Burgdorf, 9 dipendenti
Attualmente siamo in due, una collaboratrice ed io, a mantenere la posizione. Nelle prime due settimane di marzo eravamo in nove ad organizzare rimpatri, giorno e notte. Nel frattempo tutti sono in lavoro ridotto. Due nostri collaboratori rispondono ai clienti che continuano a chiamarci per annullare i viaggi prenotati nello scorso semestre. Dal 12 marzo, quando il presidente americano Trump ha annunciato la chiusura delle frontiere, l’attività si è fermata. Da allora non guadagniamo più nulla. Siccome normalmente nei primi cinque mesi produciamo tra il 50 e il 60 percento del fatturato – sull’arco dell’anno circa 8 milioni – abbiamo perso 4 milioni di franchi, che non potremo più recuperare. Per il momento reggiamo, ma se la crisi dovesse perdurare fino in estate, saremo costretti a pagare i costi mensili fissi pari a 20 000 franchi con i crediti covid-19 ottenuti. Con margini del 10 percento e un rendimento netto di appena l’1 percento, agenzie di viaggio come la nostra possono resistere soltanto qualche mese senza entrate correnti. Ma anche dover rimborsare il prestito sull’arco di alcuni anni grava sulle prospettive. Attualmente non c’è alcuna chiarezza per noi operatori turistici. Sarebbe un grosso sostegno per il settore e garantirebbe i posti di lavoro se gli svizzeri privilegiassero le agenzie di viaggio locali per l’organizzazione dei loro spostamenti.
La tenda era già pronta per l’anteprima e gli artisti impegnati con le prove generali quando è scattato il confinamento. Il periodo fra marzo e giugno è vitale per noi, in questi mesi realizziamo tra il 40 e il 50 percento del giro d’affari annuale. Non possiamo ancora quantificare le perdite, dobbiamo aspettare la fine della stagione, ma ciò che è certo è che il bilancio del 2020 sarà peggiore del solito. Siamo costretti a vivere della sostanza. Non siamo disperati, abbiamo ridotto al minimo i costi del nostro circo a conduzione familiare e i nostri dipendenti percepiscono un’indennità per lavoro ridotto. Inoltre beneficiamo della generosità delle autorità e dei privati: dal 7 marzo la città di Volketswil ci concede di stazionare sull’area comunale Griespark senza richiedere il pagamento delle relative tasse, contadini della regione ci regalano fieno per cibare i nostri animali e tramite un’iniziativa di Crowdfunding (www.Lokalhelden.ch) abbiamo ricevuto donazioni di più di 22 500 franchi. Le autorità dovrebbero fissare quanto prima la data per la riapertura e comunicarci le misure di sicurezza da applicare. E naturalmente saremmo felici se il pubblico tornasse numeroso ad assistere ai nostri spettacoli.
Marcel Krähenmann, direttore Boutique-Hotel La Rocca, Ronco e Parkhotel Emmaus, Losone, 29 dipendenti
Mi sforzo di trarre il meglio della situazione, tenere sotto controllo i costi e guardare avanti. È l’unica cosa che posso fare. Da luglio le prenotazioni sono buone, ma fino all’estate scarseggiano. Il Parkhotel Emmaus che abbiamo in gestione è già aperto – attualmente contiamo tre ospiti. Sebbene seguiamo scrupolosamente le regole d’igiene e sicurezza, il coronavirus sembra ancora spaventare la gente. La crisi è sopraggiunta in un momento delicato: aprile costituisce un mese vitale per il turismo in Ticino, in quanto pone fine all’inverno, periodo di bassa stagione per il settore. In genere anche in maggio lavoriamo bene, con i ponti dell’Ascensione e Pentecoste. In termini complessivi, questi due mesi apportano un terzo del fatturato annuale. Con La Rocca rischiamo di andare in rosso per 200 000 franchi, nel caso dell’Emmaus le perdite possono arrivare a 300 000 franchi perché dobbiamo pagare l’affitto. Nella peggiore delle ipotesi non possiamo escludere di dover dichiarare fallimento. Cosa mi auguro? Che gli svizzeri raccolgano l’appello di Ueli Maurer e trascorrano le vacanze in Svizzera. Qui in Ticino la sicurezza primeggia su tutto e disponiamo di cliniche di alto livello. I visitatori hanno la certezza di ferie spensierate.
Testo: Juliane Lutz
Foto: zvg
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