Magdalene Chesoli è nata con una gamba sola. Fino a poco tempo fa camminava faticosamente con le stampelle, che le rovinavano pure i vestiti. A causa del suo handicap e nonostante abbia una buona istruzione, l’unico lavoro che ha trovato è in un call center. Oggi, la 28enne keniota si muove sicura di sé con una protesi Circleg. Si è addirittura esibita in un video in cui balla felice, mostrando che, volendo, con un arto artificiale è possibile fare tutto.
Circleg si vale di una quindicina di collaboratori a Zurigo e nel Kenya. Producono una protesi per gamba modulare leggera in polipropilene e fibre sintetiche che si adatta facilmente all’anatomia individuale. Tutti i componenti, articolazione del ginocchio, struttura portante (scheletro tubolare), cover e piede sono riciclabili. Ma soprattutto sono convenienti: «Nel Kenya costano l’equivalente di 500–600 franchi, pochi in confronto ai 1000 o 1500 richiesti per soluzioni paragonabili», afferma Simon Oschwald. Assieme a Fabian Engel è l’inventore della protesi destinata a chi ha subito un’amputazione sopra o sotto il ginocchio a basso costo, funzionale e pure estetica; il potenziale sociale di quest’innovazione è enorme, secondo stime dell’OMS attualmente nel mondo sono 65 milioni gli amputati ad uno o entrambi gli arti inferiori.
Engel e Oschwald, sangallese il primo e grigionese di Coira il secondo, si sono conosciuti durante gli studi all’Università delle Arti di Zurigo (ZHdK). Per il lavoro finale di bachelor i due, da sempre appassionati di social design, desideravano realizzare qualcosa che avesse un impatto positivo sulla vita della gente e l’ambiente, ispirato all’economia circolare. Fatto di plastica buttata via per combattere l’inquinamento, con componenti riciclabili per evitare di generare altri rifiuti. Nasce l’idea di costruire apparecchi ortopedici a basso prezzo, funzionali ma anche estetici. Il prototipo, presentato nel 2018, suscita una grande eco e vince premi prestigiosi, fra cui il James Dyson Award e lo Young Researcher Award. «Questi riconoscimenti ci hanno spronato e ci siamo dati mezz’anno per trovare sostenitori ed istituzioni che credessero nel nostro progetto», ricorda Fabian Engel. Lo spin-off avviato dalla ZHdK con l’appoggio delle fondazioni Ikea Schweiz e Gebert-Rüf attira altre persone desiderose di mettere sul piatto le loro competenze: insieme con l’ingegnere biomedico Laura Magni, all’ingegnere meccanico Daniel Vafi e all’economista Nicole Colmenares Pulido lanciano Project Circleg nel 2022. La spinta finanziaria iniziale consente al team di creare un’impresa sociale, fedele ai loro valori. Nel frattempo la protesi è pronta per la produzione in serie e la start-up aperta ad accogliere nuovi investitori.
Da ottobre 2023 sono state realizzate 500 protesi per gamba. Finora cinquanta kenioti, donne e uomini ne hanno beneficiato, ritrovando una migliore mobilità ed autonomia. I dispositivi vengono sviluppati a Zurigo, fabbricati in Europa ed Asia e montati direttamente nel Kenya. Circleg rifornisce ospedali sul posto che dispongono di ortotecnici. «Nella maggior parte dei casi l’amputazione è dovuta ad un incidente stradale; specie con i motocicli taxi, che qui sono molto diffusi, gli infortuni più frequenti riguardano per l’appunto le gambe», spiega Engel. Spesso non si starebbe a pensarci due volte ad asportare l’arto perché mancano i soldi per lunghi trattamenti oppure le conoscenze mediche che permetterebbero di evitare l’asportazione dell’arto. Dopo il trauma la qualità di vita dell’amputato peggiora drasticamente, tanti perdono il lavoro e vengono emarginati. Nei villaggi rurali non è raro che la mutilazione sia considerata una maledizione.
Che Circleg abbia cominciato a distribuire le sue protesi proprio lì e non altrove è stata una coincidenza. «Mentre stavamo facendo delle ricerche in Kenya per il nostro prototipo siamo entrati in contatto con un’azienda di riciclaggio gestita da svizzeri. Durante un sopralluogo abbiamo constatato l’enorme bisogno di protesi per gamba a prezzo accessibile, individualizzabili e di plastica», racconta Simon Oschwald. Hanno scelto questo Paese per aiutare la gente più povera, costretta a vivere di stenti. Inoltre il Kenya è una democrazia consolidata con un’economia in crescita, sebbene la ricchezza rimanga concentrata nelle mani di pochi. L’80% della popolazione non ha nessuna forma di assicurazione malattia e fuori dalla zone urbane le strutture sanitarie sono molto carenti.
Alla domanda se abbiano già ricevuto offerte di acquisizione da parte di altri fabbricanti concorrenti, i neoimprenditori rispondono all’unisono di no. Le aziende affermate non temerebbero la pressione sui prezzi delle protesi Circleg e poi la maggior parte di queste non sarebbe comunque interessata ad entrare nel segmento low cost in quanto non si tratta soltanto di vendere prodotti e servizi bensì di ripensare ex novo tutt’un sistema. Nel Kenya sinora l’approvvigionamento di dispositivi medico-sanitari e le cure ai pazienti artolesi sarebbero ancora piuttosto insufficienti.
Quale impresa sociale Circleg non si limita a produrre protesi. S’impegna a rendere questi ausili essenziali alla portata di tutti. «Proponiamo dei cosiddetti pacchetti Freedom-of-Mobility che vendiamo ai nostri sostenitori e alle sostenitrici in Svizzera» spiega Fabian Engel. Questi garantirebbero per tre anni il trattamento protesico di un amputato assumendosi pure i costi di un’eventuale fisioterapia o riparazione della protesi. E i donatori non mancherebbero. Per contro i tecnici ortopedici in Kenya avrebbero raggiunto i limiti sia in termini di capacità che di formazione, ragione per cui si starebbero sviluppando dei programmi di addestramento in collaborazione con una ONG tedesca. Un altro obiettivo centrale della start-up è l’informazione alle persone che hanno perso una gamba su come e dove procurarsi gli aiuti indispensabili. «Inoltre vogliamo lottare contro la stigmatizzazione dei soggetti amputati di arto inferiore, attraverso campagne di sensibilizzazione sui social o progetti di danza locali». E, infine ma non da ultimo, si affidano a testimonianze vissute come quella di Magdalene che, tra l’altro, opera come community manager per Circleg. Le piace portare pantaloncini o gonne e dimostra, con il suo esempio, che la vita può essere bella anche con una protesi.
Testo: Juliane Lutz
Foto: Emanuel Freudiger
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