Siamo a fine maggio, sono le sei e mezza di un martedì mattina. Stéphanie Henry e Alain Radaelli arrivano alla centrale delle ambulanze, situata ad alcune centinaia di metri dall’Ospedale universitario di Ginevra (HUG), il principale centro di cure della città di Calvino. Belli svegli, daranno il cambio ai loro colleghi che hanno appena terminato il turno, prontissimi per effettuare dodici ore di lavoro al servizio di TCS Swiss Ambulance Rescue (TCS SAR).
Velocemente, il ticinese di 49 anni spiega che, per seguirli sul terreno, è necessario indossare la tenuta da stagista soccorritore: i pazienti, i poliziotti o medici presenti eventualmente sul posto non capirebbero infatti la presenza di un giornalista e di un fotografo in abiti civili sul luogo dell’intervento. E allora, direzione spogliatoio per cercare una polo e dei pantaloni della giusta misura. Una volta vestiti da apprendisti per un giorno, Stéphanie, 42 anni, ci invita a bordo dell’ambulanza per controllare dettagliatamente il contenuto degli zaini d’emergenza: uno blu chiamato «Airway», che comprende l’essenziale per portare un’assistenza respiratoria, e uno di color rosso neon, che include invece un’ampia selezione di medicinali, dalle benzodiazepine agli anestetici passando per gli oppiacei. Questa presentazione permette assicurarsi che tutti i farmaci e gli apparecchi necessari per i primi soccorsi siano al loro posto, in buono stato e in quantità sufficiente. La verifica viene fatta dopo ogni intervento.
Dopo questi primi passi nel mondo dei soccorsi, è il momento d’assistere alla riunione informativa settimanale, gestita generalmente da Vincent Berthoz, direttore di TCS SAR, e da Stéphane Soland, responsabile operativo. Il team è unito. Regna un’atmosfera professionale che lascia però il giusto spazio alla leggerezza e all’umorismo. Delle risorse assolutamente indispensabili per vivere meglio le esperienze stressanti o difficili che talora si trovano ad affrontare. Dopo questa mezz’oretta, Alain ci chiede i nostri dati precisi per inserirli in un software. Il motivo? Non è da escludere che in giornata ci possa essere un intervento in una prigione oppure in un altro luogo strettamente chiuso. Bisogna quindi imperativamente permettere alle autorità di conoscere l’identità dei soccorritori e degli eventuali stagisti che vogliono entrare in luoghi così protetti.
In attesa del primo intervento della giornata, veniamo a sapere qualcosa in più sui due soccorritori. Stéphanie ha iniziato la sua carriera nel 2004, prima come autista di ambulanza e poi come soccorritrice. «Un giorno ho fatto uno stage e ho seguito uno studente soccorritore e mi son subito detta: voglio fare questo!». Nel 2018 ha poi concluso la sua preparazione al «medi» di Berna, un centro di formazione per le professioni della salute. Da allora è abilitata a lavorare in tandem in un servizio urgenze. Parallelamente è responsabile della formazione BLS-AED (rianimazione cardiopolmonare di base e defibrillazione esterna semiautomatica) in seno a TCS SAR: «Lo scopo di dare questa formazione alla popolazione, come pure ai professionisti, è quello di aumentare le possibilità di sopravvivenza delle persone soccorse. Mediamente un’ambulanza impiega 10 minuti per arrivare sul posto, allorché le chance di sopravvivenza diminuiscono del 10% ogni minuto senza intervento».
Per lei sono quasi venti gli anni trascorsi al servizio degli altri. Un po’ meno rispetto ad Alain, che invece ha iniziato la sua carriera nel settore delle urgenze a 17 anni. Perché da ragazzo era affascinato da questi imponenti veicoli «all’americana». Il quarantanovenne lavora a Ginevra ormai da sei anni, dopo una lunga carriera in Ticino, suo cantone natale. Titolare di una formazione d’infermiere dal 1993, ha completato il proprio bagaglio professionale diventando poi ambulanziere.
La nostra piacevole conversazione dura poco, i telefoni si mettono a squillare e bisogna partire per il primo intervento della giornata. Sono le 10 e 45. Filiamo veloci a poco più di un chilometro dalla base di TCS SAR. Giunti ai piedi dell’immobile, Alain utilizza il suo passe-partout, una chiave che fa parte dell’equipaggiamento di ogni soccorritore, pompiere o poliziotto: «In linea di massima apre tutte le porte d’entrata principali…» Fatto! La serratura non resiste e i soccorritori possono rapidamente salire al terzo piano del palazzo. La paziente è anziana. Colpita da una dispnea, fa fatica a respirare. La sua infermiera è già sul posto, come pure il suo assistente personale. Stéphanie raccoglie alcune informazioni dall’infermiera, mentre Alain si china sulla donna. Per auscultare meglio, chiede fermamente che venga spenta la televisione. Apprendiamo che l’anziana è uscita la scorsa settimana dall’ospedale. La paziente soffre manifestamente di cianosi labiale (evidente nell’apparizione di una colorazione anormale bluastra della pelle, dovuta ad un disturbo della circolazione sanguigna e ad una carenza d’ossigenazione del sangue) e di crepitii (presenza di liquido nei polmoni). I professionisti decidono rapidamente di trasferirla all’HUG. La signora geme quando viene caricata sulla speciale barella in cui si sta seduti. Resta però calma, anche quando si tratta di salire sull’ambulanza. Una volta che è stata posizionata comodamente, il veicolo parte a tutta velocità verso l’ospedale, con le luci blu accese. L’ambulanza s’infila nel posteggio del centro ospedaliero, scarica delicatamente la paziente prima di portarla dai medici. Dopo circa un’ora d’intervento, si ritorna alla centrale. Sono quasi le 12 e 45 quando Stéphanie e Alain iniziano a pranzare. Nemmeno il tempo di finire ed ecco che devono partire per un secondo intervento. Ci sono abituati e accolgono l’interruzione con un sorriso. Bisogna sbrigarsi, il nuovo paziente soffrirebbe di scompenso psicotico e sarebbe agitato. Anche la polizia è già stata avvisata. Durante il tragitto, con sirene e luci blu attivate, ci spiegano come funziona l’attribuzione di un veicolo ad ogni caso. Le ambulanze sono localizzate tramite GPS e quando la centrale del 144 riceve una chiamata, l’intervento viene assegnato alla squadra disponibile più vicina. Semplice quanto efficace.
Stéphanie ha impiegato sette minuti per percorrere i sei chilometri, in prevalenza urbani, e raggiungere la clinica in cui si trova il paziente. In basso, la chiave magica di Alain sembrerebbe non funzionare… La porta viene quindi aperta dal personale dell’istituto. Saliamo al terzo piano, in ascensore. Giunti nella camera, nessuna persona agitata, ma un uomo di 85 anni
che soffre di un grave disturbo respiratorio. Dallo scambio di sguardi tra Stéphanie e Alain capiamo subito che la situazione preoccupa. Alain tenta di destare il paziente dal suo torpore, schiocca le dita davanti ai suoi occhi e prova a svegliarlo con dei sonori «Signore? Come sta?», per diverse volte. Rapidamente, Stéphanie richiede rinforzi da parte dello SMUR (Servizio Mobile d’Urgenza e di Rianimazione) dell’HUG, e al tempo stesso annulla l’intervento della polizia. Si decide d’intubare il paziente. Prima di partire, i soccorritori esitano tra diverse ipotesi: problema neurologico, intossicazione, malnutrizione, ricordando al contempo che l’uomo è caduto più volte nella settimana precedente. Il veicolo parte a tutta velocità, non c’è da perdere tempo. Arrivati all’HUG, i soccorritori si affrettano in direzione della sala di accoglienza dei casi più gravi al Pronto soccorso. Si sente
un infermiere che esclama «Lo stiamo perdendo!». La tensione sale mentre arriviamo a destinazione. Il medico dello SMUR espone con calma tutte le informazioni relative al malato. Il personale, incluso il medico incaricato, ascolta attentamente, i tecnici preparano già scanner e altri esami approfonditi. Stéphanie e Alain lasciano la sala. Per il ticinese è il momento di compilare un rapporto dettagliato sull’intervento, che comprende la durata dei tragitti d’andata e ritorno, il tempo trascorso sul posto, le persone presenti o ancora la scala di Glasgow del paziente, ossia una scala che va da 3 (coma profondo) a 15 (persona perfettamente cosciente), e che si valuta in base a tre criteri: apertura degli occhi, risposta verbale e motoria. La persona soccorsa era a 5, poi a 3. «Ciò che m’inquieta di più è che abbiamo potuto infilargli un tubo nella gola senza sedazione. È un brutto segno», spiega Alain. Perché l’esperienza si rivela generalmente spiacevole o addirittura dolorosa. Dopo questo momento di alta tensione, Stéphanie e Alain vengono chiamati a soccorrere ancora un ragazzino colpito da disidratazione, che in seguito viene portato in un’unità di cure pediatriche.
Durante questa giornata, i due hanno dunque dovuto gestire tre casi. «Era eccezionalmente tranquillo. La media del servizio è di 3,5 interventi al giorno per ogni team. Di solito io e Stéphanie portiamo quotidianamente a termine 4 o 5 operazioni», racconta Alain. Si conclude così la nostra diretta.
Due giorni dopo queste poche ore passate con il TCS SAR, il ticinese ci fa sapere che
i due primi pazienti soccorsi sono poi stati trasferiti all’Hôpital des Trois-Chêne, specializzato nelle cure geriatriche, e che entrambi stanno meglio.
Il nostro reportage vi ha fatto venir voglia di fare il soccorritore o la soccorritrice? I requisiti di base da possedere sono buone condizioni fisiche ed attitudini mentali nonché patente di guida della categoria C1/D1. Con queste e un certificato di soccorritori di livello 3 IAS si può aspirare a diventare autista soccorritore. Per cominciare a lavorare come soccorritore ausiliario d’ambulanza è richiesto l’attestato professionale federale. Al termine della formazione di durata triennale e superati gli esami finali si ottiene il titolo di soccorritore diplomato SD SSS. L’anno scorso 242 studenti hanno completato questa preparazione. «medi», il maggior centro di formazione medica ha sede a Berna: nel 2022 sono stati 72 gli iscritti al corso per soccorritori; 55 hanno ottenuto il diploma di scuola superiore specializzata. TCS SAR, più grande operatore privato nei trasporti sanitari e servizi ambulanza in Svizzera, ricerca costantemente personale qualificato: tcs-sar.ch
Di norma il soccorso in ambulanza costa tra i 700 e 2100 franchi. Le tariffe variano da un cantone all’altro e dipendono dalla distanza e dalle cure preospedaliere richieste.
Innanzitutto occorre distinguere se l’intervento scatta a causa d’incidente o malattia. Nel primo caso non è l’assicurazione obbligatoria bensì l’assicurazione infortuni del datore di lavoro che assume le spese totali in Svizzera e un massimo di 29 640 franchi all’estero. Se la persona soccorsa è assicurata contro gli infortuni tramite l’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (AOMS), questa rimborsa la metà dei costi, ma max. 500 franchi all’anno. Restano a carico dell’assicurato la partecipazione alle spese (franchigia e aliquota percentuale). A seconda della cassa, un’eventuale assicurazione complementare ambulatoriale può prevedere prestazioni di soccorso immediato. Analogo il discorso per gli interventi in caso di malattia: l’assicurazione di base assume la metà dei costi per max. 500 franchi all’anno. Il rimborso presuppone che il paziente necessiti per ragioni mediche di un trasporto d’urgenza e non sia in grado di utilizzare un mezzo privato o pubblico. Laddove la persona venga messa in salvo da una situazione di grave pericolo per la propria vita, l’assicurazione di base rimborsa la metà dei costi ma al massimo 5000 franchi all’anno. Questo per le operazioni condotte su territorio nazionale. Il TCS Libretto ETI garantisce peraltro una protezione supplementare in caso d’emergenza per i viaggi, in Svizzera e all’estero.
Testo: Jérôme Burgener
Foto: Olivier Vogelsang
«Aiutiamo chi si trova in difficoltà»
Jürg Wittwer, direttore generale TCS, in merito a Swiss Ambulance Rescue
Qual è l’obiettivo perseguito dal TCS con Swiss Ambulance Rescue?
Jürg Wittwer: Il TCS è al fianco dei soci nelle situazioni d’emergenza da oltre 125 anni. Facciamo sì che possano proseguire il viaggio con la loro auto dopo una panne e ne garantiamo, con la nostra équipe medica, il rimpatrio sicuro in caso di malattia o infortunio durante le vacanze all'estero. Le ambulanze si sposano alla perfezione con la missione del TCS: aiutiamo chi si trova in difficoltà.
TCS SAR è già oggi il maggior operatore privato nel campo dei soccorsi di emergenza e trasporti sanitari in Svizzera. Cosa si aspetta per il futuro?
Cresceremo ulteriormente, in forma organica e tramite l’acquisizione di altre aziende. Specialmente quelle minori o locali fanno vieppiù fatica a coprire gli ingenti costi e tenere il passo con il progresso tecnologico. È facile che un’ambulanza pienamente attrezzata venga a costare alcune centinaia di migliaia di franchi. Senza considerare lo staff necessario ad assicurare un’operatività 24/24. Detto ciò, Il TCS, quale associazione senza scopo di lucro, dispone delle dimensioni e risorse indispensabili per svolgere quest’importante ruolo a favore della popolazione.
Quali sono le sfide più grosse?
La persistente carenza di personale qualificato per le ambulanze. L’attività dei soccorritori è molto impegnativa, sia fisicamente che psichicamente. Si lavora in turni e non comodamente da casa come in altri settori, vivendo situazioni di gran stress. Il reclutamento di collaboratori qualificati in sufficiente numero costituisce quindi una sfida notevole. • dno
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